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giovedì 9 dicembre 2010

sonni interrotti

giorni di ferie, giorni passati nel fancazzismo più totale. non ho neanche finito l'albero! io. io che adoro (adoravo?) il natale e decorare casa, fare i bigliettini o i lavoretti da bambini.
giorni passato a dormire profondamente, un bel sonno pacificatore, in cui la mattina non ricordi nulla. ti svegli relativamente presto, come sempre, l'unico giorno in cui ho dormito fino alle nove è perché sono andata a dormire a mezzanotte passata. gli altri giorni praticamente sempre a dormire presto, una lettura veloce a letto, con le palpebre che si chiudono a poco a poco.

ieri invece, è ricominciato il panico. è arrivato improvviso, mentre ero a teatro, nel pomeriggio. avevo come in sovrimpressione l'ansia do dover tornare al master. di dover affrontare un'altra settimana. di avere scadenze che si avvicinano, inesorabili.

sono andata a dormire stanca, mi sono svegliata distrutta. in un continuo girarsi e rigirarsi, e pensare e sognare scadenze e computer. dover scrivere articoli su articoli, e girare e montare, e farsi venire idee che non ci sono.

crisi d'ansia nel sonno. che dovrò raccontare al mio dottore settimana prossima. forse troppo lontano. c'è chi mi dice di andarmene da qui. e allora penso: "a fare che? che posso fare? dove?" è cadere da un pozzo a un'altro.
forse sto solo aspettando di fallire qui. che mi si mostrino i miei fallimenti, uno a uno, tutti in fila.
chi era quello scrittore che riusciva a trasformare ogni fallimento in successo? non ricordo, ed è un commento che ho letto di recente.
o forse non ci è riuscito neanche lui. bisognerebbe chiederglielo.

martedì 23 novembre 2010

ti alzi la mattina, fai colazione, segui la rassegna stampa stentando a seguire, il cervello che ronza prima ancora di arrivare a metà caffè. ti lavi e ti vesti, magari ti dimentichi pure di pettinarti, e ripensandoci non sai se è una reale dimenticanza o non vuoi guardarti allo specchio. nessuno sguardo è crudele quanto il tuo.
vai in stazione, ti guardi intorno, speri che, come una boccata d'ossigeno, arrivi qualcuno con cui parlare. non importa se saranno sciocchezze o cose serie, elenchi tragicomici di fatterelli oppure lagnanze, dolenze, tue o altrui. perché non sarà vero che mal comune fa mezzo gaudio, ma avere qualcuno che ti ascolta, e che magari prova a capirti, a incazzarsi o intristirsi con te un minimo di bene lo fa. magari non arriva nessuno. e il libro in borsa allora speri che sia un salvagente.
arriva il treno e ci sali. dal freddo sereno della pianura al clima subequatoriale dello scompartimento. ma c'è qualcosa che ha senso, nel mondo? posto non ce n'è. chiedi scusa e permesso e ti infili nello spazio vuoto, libero che c'è prima del passaggio tra i due vagoni. aria fresca e un tetto sopra di te. se ti siedi per terra poi ti rialzi? ne hai la forza? allora non lo fai, mai giocare con l'azzardo.
arrivi in città, scendi in metropolitana, ogni giorno così, ancora il libro per salvagente, lo speri.
e poi attendi gli attimi che passano, nel terrore che vengano a chiederti di fare qualcosa, che hai una scadenza, che c'è un nuovo progetto, un altro e un altro ancora.
passa il giorno, chiudi la mail, fai i tuoi bagagli e te ne vai. metro e treno ancora, all'incontrario. e ti ritrovi a contare quanti giorni mancano alla prima pausa, perché di gennaio non hai ancora il calendario, ma solo visioni confuse di date e scadenze, e progetti e lavori e pressione su pressione che non smette, non smette.
torni a casa, ti cambi, mangi. scambi quattro parole per pretendere di essere normale, che tutto vada bene. provi a non pensare, sei stravolta e vai a dormire. continui a provare a non pensare finché eccolo, finalmente, che il sonno ti raggiunge.
speriamo solo che sia senza sogni

lunedì 22 novembre 2010

maiale 2

la salciccia l'ho data (vedi post precedente).
ecco il mio piccolo pezzo di tesi che ora vive di vita propria. soddisfazioni? forse. perchè alla fine era anche la cosa più facile da fare, avendo la mia tesi e la padronanza (?!) della stessa, mica della materia, ci mancherebbe.
ora arriva il peggio.
perché quella che pensavo potesse essere un altro piccolo pezzo per migliorare e stare bene non sta funzionando perfettamente.
non riesco ad appassionarmi a tutto ciò, nenache a vite stupende come quella di nellie bly, o della mia amatissima mfk fisher.
o meglio, ho l'angoscia, ininterrota e opprimente, il tamburellare continuo del "e ce la farò? e se domani non funzionasse più, non reggessi, non riuscissi?"
in breve: dove andrò a finire, io? quali i miei obiettivi? il problema è la voragine che si apre nella mia mente a questa domanda.

mentre ora al master continuano a dire di creare il proprio brand, di essere "intraprenditori". io vorrei soltanto sdraiarmi da qualche parte e osservare il mondo che continua a scorrermi intorno, anche se io mi tiro fuori. è consolante questo: il mondo continua a scorrere senza di me.

mercoledì 13 ottobre 2010

quando a fine giornata ti accorgi di non aver parlato quasi con nessuno, come reagisci?
le uniche conversazioni avute ieri sono state con M. e O., sul treno, anzi, alla fine siamo state separate e io e M. siamo rimaste da una parte.
il resto della giornata è passato tra i convenevoli di rito, i buongiorno e i ciao, i convenevoli di una classe di trenta persone. passati davanti al pc o ad ascoltare. parlavo molto di più negli ultimi anni di università, quando ormai il gruppo del triennio si era disgregato e io arrivavo e partivo sola dalle lezioni. ma prima o dopo la lezione quattro chiacchere col vicino le ho sempre fatte, anche se magari la persona l'avevo vista solo una volta o mai. scrivendo la tesi già le cose sono cambiate. si esce meno, praticamente solo per andare a cercare qualche libro che ti serve, o per le inevitabili attese dal Professore, in cui sì che parli. parli per evitare la noia dell'attesa, per sfogare dubbi e paure, parli per ridere, per consolare. parli perché voui parlare, anche se spesso alla fine dei discorsi hai più dubbi che altro, e non solo riguardo alla tua tesi.
dopo la tesi è arrivata la parentesi/ny. col senno di poi forse l'inizio della fase calante nella mia labilità psico-emotiva. troppe cose da fare e da vedere, troppe sere fuori o camminate nella sera newyorkese con un chai tea in mano a chiaccherare o anche solo a camminare, magari uscita da un teatro.
l'immobilità del mio guscio, così amato e che offre così tanta protezione. e che mi angoscia nella sua perdita.
e non conta che mia madremi dica: "perché hai queste paranoie? per ora ce la caviamo benissimo anche se tu non porti lo stipendio a casa, non ti devi preoccupare."
è possibile non preoccuparsi? l'eternità non mi appartiene né la vorrei, ma non appartiene neanche a chi mi è vicino. e se provo a guardare in là, verso il mio futuro, non vedo nulla che mi conforti. non ho la stabilità di un lavoro o di affetti. non ho come primo obiettivo costruirmi una famiglia, costruirmi intorno quella corazza di moglie/madre che molte ragazze ormai hanno come visione principale.
ragazze e anche donne che dicono: il mio sogno è quello di essere una donna sposata_non si sà di chi, spesso. troverò la mia realizzazione nella famiglia - e poi scopre che la vede come una pubblicità del mulino bianco. se trovo lavoro dopo la laurea bene, se no mi sposo - colpo apoplettico di tutto il parentado del futuribile sposo.

se alla fine della giornata ti accorgi di non aver parlato con nessuno, pur essendo sempre rimasta in mezzo alla gente, è un problema tuo o degli altri?
è un problema tuo se non sapresti neanche di cosa - non vuoi?, non puoi?, non fai lo sforzo o forse non ti sembra necessario? - poter parlare. non vuoi parlare.
e magari ripensi a tanti anni fa. quando aprlare era più facile e parlavi mattina e sera. parlavi con tutti. e magari ti ricordi di qualcuno con cui ti piaceva parlare, istintivamente.
e non sai se rimpiangi l'infatuazione passata o solo il fatto che una persona, una qualsiasi persona con cui parlare come parlavi all'epoca, di cose piccole, di cose stupide, di cose lievi e passeggere, non ci sia.

martedì 5 ottobre 2010

sarò pure ronzinante....

e di cose ne avrò viste tante,
ma ora son qui al bevitoio
a lanciar occhiate all'avvoltoio
che mi ronza sopra la testa:
di chi mai vorrà far festa?


forse non sono ferrata per questo mestiere. o forse non sono ferrata per questa scuola, o per altre scuole.
scuole che fanno cadere la loro dottrina come fosse vangelo, scuole che pretendono che si sappia tutto di tutto su tutto, scuole che vogliono trasformarti in un savant, forse senza rendersi conto che si tratta di una forma di autismo.
scuole che vogliono purosangue, duri e puri, che possano prima gareggiare alle corse delle bighe e poi passare la vita da stalloni, esaurendosi nel compito. sempre che, nel mezzo della carriera non ti accada qualcosa che ti azzoppi, e si sa qual è la fine dei cavalli azzoppati.

nella selezione ho la vaga idea che abbiano fatto una scelta sbagliata, la mia.
ovvero nel loro ricercare col lanternino hanno preso fischi per fiaschi, inserendo la mela bacata nel cesto.
bisogna vedere che tipo di muffa ne uscirà fuori.

ronzinante. cavallo o somaro, con la coda floscia e il pelo spento, per non parlare delle orecchie.
questa mattina ho spostato una cavalletta che era sullo zerbino di casa, mettendola nell'aiuola, sperando che i gatti non la scovino, l'altro giorno ho abbandonato al suo destino un piccione, o forse una tortora, il cui corpo già martoriato era un nugolo di mosche.
le sento ronzare, le mosche, e non capisco quanto queste siano formate da pensieri miei o da angoscie collettive: lavoro, sicurezza, futuro...

ieri un "ragazzo" di 38 anni si è suicidato buttandosi dal treno: laureato in economia alla cattolica, dopo un call-center erano mesi che non aveva lavoro.

forse è solo brain-storming, o forse è solo insicurezza, o la pioggia e la mancata sicurezza una volta abbandonato il piumone.

il mio nome è ronzinante, aspetto ancora che se ne accorgano gli avvoltoi. o forse sono io che non ho ancora capito quanto siano famelici.


domenica 26 settembre 2010

chi ben comincia

no, chi ben comincia non è mai a metà dell'opera. figuriamoci chi comincia male.
il punto è che io inizio un master in piena crisi di ansia e non è per niente una bella cosa. in più non riesco neanche a capire da cosa sia causata la crisi d'ansia...
ansia da prestazione ? c'è
ansia da mancanza di autostima? c'è
ansia da nuova strada da esplorare - ovvero fobia verso l'ignoto? c'è

e c'è per di più che ormai da un po' inizio ad avere lo stesso sogno dell'italiano medio, sogno più che legittimo, ci mancherebbe: vincere al superenalotto. mai avrei creduto che sarebbe arrivata l'ora nella mia vita in cui mi sarei ritrovata a pensare "i soldi danno la tranquillità".
ma poi perché ho così tanta paura del futuro? presentimenti, sogni, visioni apocalittiche?
EPPURE OGNI MINIMA COSA ORMAI MI ATTANAGLIA E SENTO UN PESO CHE MI FA MANCARE IL FIATO. cliché! direte voi, e sarà anche un cliché fatto e finito...ma provate voi a stare senza fiato la notte, mentre sperate di addormentarvi.
potreste dirmi di aggrapparmi ai miei sogni ma, obiettivamente, non so più cosa sperassi di diventare, o forse non l'ho mai saputo. perché la vera sindrome di peter pan non è non voler crescere perché si sta tanto bene da bambini, ma è aver paura di quello che si è diventati una volta cresciuti, in quanto sembra solo e unicamente un buco nero.
e allora ben venga il 2012, sperando che i maya ci abbiano azzeccato.

venerdì 27 agosto 2010

comunicazioni di servizio

ho modificato l'area commenti, che adesso è una tendina pop-up, in quanto dava errori e impediva di postare i commenti, anche le mie risposte ai commenti.
non abbiate paura.

sabato 15 maggio 2010

L'inizio

Laureata da 5 giorni.



O, meglio, disoccupata da 5 giorni. Perciò una mia amica ieri sera a cena mi dice: "per tenerti impegnata mentre cerchi lavoro, perchè non apri un blog. è facile e puoi parlare di tutto quello che vuoi.

al massimo lo cancelli!"



Saggie parole!

Il risultato? Ecco qualcun altro che sproloquia nella blogosfera...una nuova forma di onanismo, se volete, ma tant'è: tempo ne ho tanto, lavoro ne ho, Ahimè, poco (ma scrivere nulla sarebbe più appropriato), quindi perché non dare una possibilità alla mia eloquenza (scritta&parlata) dopo 5 anni di esilio universitario e provare?



Benvenuti a mondo&sasha.

e un benvenuto a me stessa.